Gli ipertesti e le UU.DD. ipermediali possono produrre integrazione?

 

Gli ipertesti e le UU.DD. ipermediali possono produrre integrazione?
A fronte della considerazione che le tecnologie informatiche e telematiche possono svolgere un ruolo fondamentale e determinante nei processi educativi e d’integrazione scolastica e sociale delle persone disabili, dobbiamo notare purtroppo che in ambito scolastico poche sono le iniziative mirate ad una formazione del personale che vada in questo senso, che tenga conto di una realtà consolidata e cioè la possibilità di “ridurre” la situazione di svantaggio determinata da alcune disabilità e la possibilità di creare nuovi percorsi didattici funzionali all’integrazione scolastica .
Così possiamo osservare tra le tante situazioni di abnegazione personale (mai riconosciuta o incentivata dallo Stato) di docenti che trattano l’handicap nel migliore dei modi possibile, situazioni in cui l’insegnante di sostegno (magari specializzato!!!!) nega un diritto fondamentale al proprio allievo cioè il sacrosanto diritto di ricevere una adeguata educazione ed istruzione semplicemente perché questi è privo di competenze informatiche.

L’uso consapevole della tecnologia informatica applicata ai processi di integrazione scolastica.
Al docente che decide di usare “comunque” l’informatica o “anche “ l’informatica nel suo progetto didattico si aprono strade e soluzioni diverse.
E’ possibile usare software “preconfezionato”, distribuito nelle varie versioni :
demo, freeware, shareware, o commerciale.
Appartengono a questa categoria tutti quei prodotti che sono realizzati allo scopo di facilitare l’accesso al PC alle persone che a causa della propria condizione non sarebbero in grado di usarlo o lo userebbero in modo poco efficace, con grande dispendio di energia e per tempi molto brevi, mi riferisco ai disabili motori e ai non vedenti o ipovedenti.
Altra categoria è invece quella dei programmi finalizzati al potenziamento di determinate capacità o allo sviluppo delle abilità residue in soggetti con deficit cognitivo.
Questi ultimi sono programmi generalmente ben strutturati dal punto di vista scientifico e ben studiati sotto il profilo della comunicazione visiva, possono anche essere molto efficaci nel rispondere a esigenze didattiche specifiche, ma secondo il mio parere, soffrono di una certa rigidità nel senso che poco si adattano alla varietà di stili di apprendimento ed alla diversa personalità dei soggetti.
Comunque ecco, a titolo d’esempio, un interessante software per il recupero di abilità linguistiche: Logosoft.

logosoft

Si tratta di un software che può essere prezioso per esempio nella didattica rivolta all’arricchimento dell’espressione orale e della produzione scritta in allievi che hanno difficoltà nella “costruzione“ della frase .
L’ambiente di lavoro è di tipo ludico, interattivo, piacevole e si avvale del codice cromatico per “fissare” gli elementi che costituiscono la struttura della frase, inoltre si tratta di un software semplice da usare e quindi alla portata di chiunque abbia un minimo di competenze informatiche.
Per scaricare il demo del programma è necessario portarsi nel sito il cui indirizzo è nelle risorse OnLine alla fine di questo articolo.
L’altra strada consiste nella possibilità di usare i cosiddetti sistemi autore cioè gli strumenti che consentono di progettare software e unità didattiche ipermediali.
I sistemi autore, se da un lato richiedono al docente buone competenze informatiche dall’altro consentono però la “personalizzazione” del lavoro che può così essere effettivamente tarato sul soggetto e mirato ai suoi bisogni.
Possono essere usati ad esempio per concorrere allo sviluppo e al potenziamento delle abilità in soggetti affetti da ritardi sul piano dell’apprendimento e/o della comunicazione al pari dei programmi visti in precedenza però con in più la possibilità di realizzare “ambienti” su misura dei gusti e della personalità dell’allievo.
Se l’allievo predilige un certo personaggio dei fumetti o delle storie per bambini, come ad esempio la simpatica cagnolina PIMPA, perché non costruire un ambiente di lavoro elettronico in cui lo sfondo integratore sia costituito dai personaggi di queste storie ??

pimpa.jpg

Mi viene in mente il caso di quel bambino, che affetto da gravi fobie, ha difficoltà nelle relazioni sociali e nella comunicazione ma ama gli orsacchiotti e le storie di orsi ed è bravissimo nel disegnarli…..allora perché non utilizzare questi elementi per realizzare un ambiente elettronico che funzioni da interfaccia comunicativa, che demolisca il muro di isolamento patologico facendo leva proprio su questi elementi che per l’allievo sono ricchi di significato e pregni di affettività??

Questi programmi si pongono come potenti mezzi di integrazione dell’allievo in situazione d’handicap nella classe quando l’Unità Didattica ipermediale realizzata con il loro supporto diventa il catalizzatore che innesca processi di collaborazione e cooperazione.

Apprendimento collaborativo e sostegno.
L’insegnante di sostegno è a “sostegno” della classe che ospita l’allievo disabile, e la progettazione didattica deve essere fatta dal consiglio di classe nel suo assieme, ma molto spesso, ad esempio nel caso di allievi che ricadono nella fascia cosiddetta dei “psicofisici”, accade invece che il docente di sostegno lavori isolato dal contesto classe : la progettazione e l’azione didattica sono delegati in toto al docente che ha in carico il caso, l’azione didattica poi spesso si svolge anche fisicamente e logisticamente in condizione di isolamento perché a volte l’allievo con deficit psicofisico non solo non riesce a trovare nella classe uno spazio didattico ma neanche uno spazio fisico.
E’ evidente che in questi casi non si può parlare di reale integrazione ma di un inserimento per così dire di tipo “freddo” nella struttura scolastica.
Questa situazione si verifica più frequentemente in quelle classi dove prevale l’approccio metodologico tradizionale, di tipo verticale in cui l’interazione tra l’insegnante, unico depositario della conoscenza, e gli allievi, è l’asse portante del fare didattica mentre l’interazione tra pari ai fini didattici viene considerata irrilevante. Anche la cooperazione tra docente di sostegno e docenti curricolari in questo caso è inesistente.
Viceversa in quelle situazioni in cui il docente mette in atto un approccio metodologico-didattico di tipo innovativo basato sui principi del costruttivismo, che vede l’allievo come “costruttore” della propria conoscenza, l’apprendimento collaborativo è l’ingrediente che caratterizza i rapporti tra i membri dei gruppi che formano la classe.
Il docente in questo caso assume un ruolo diverso da quello tradizionale, più simile ad un tutor o ad un “facilitatore” , ma anche il docente di sostegno assume nella sua azione didattica questa veste più che quella vista in precedenza e allora ecco che può innescarsi un processo di cooperazione tra docenti curricolari e di sostegno e tra gruppi di allievi dove l’allievo portatore di handicap si integra realmente trovando una sua collocazione nel gruppo.
E’ interessante notare come alcune strategie messe in atto per il recupero di abilità cognitive, nell’ambito di esperienze di “collaborative learning”, si siano dimostrate poi efficaci anche nella comune prassi didattica.
Ad esempio il Reciprocal Teaching ,
cioè quell’insieme di istruzioni procedurali messe in atto per facilitare l’assunzione del ruolo di insegnante da parte dei componenti di un gruppo, è stato pensato inizialmente per sviluppare le abilità di lettura e comprensione del testo da parte di allievi con problemi nell’area linguistica, in seguito però il metodo R.T. visti i buoni risultati conseguiti è stato esteso anche ad altre attività curricolari.
La telematica può in questo caso diventare quel “valore aggiunto” alla didattica che ne impreziosisce la ricaduta sugli allievi in termini di apprendimento ma anche di integrazione.
Ad esempio l’esperienza, descritta nell’interessante libro “Internet per la didattica” di Eleonora Pantò e Corrado Petrucco , da Cathy De Moll producer del Progetto Blu Ice , un progetto di cooperative learning attivo su Internet, in cui 400 scuole hanno studiato il continente Antartico insieme, si è dimostrato anche un potente strumento di integrazione, infatti allievi con problemi diversi hanno trovato un loro ruolo nel partecipare al lavoro comune, nel consultare esperti, nella pratica di comunicare via E-mail con altre scuole….traendone vantaggi e benefici.

Organizzare, nel nostro Paese, un tipo di scuola basata sul collaborative learning non è facile, tuttavia è possibile osservare almeno una esperienza che vuole disseminare questo tipo di approccio metodologico-didattico nell’integrazione scolastica di persone disabili.
In questo quadro si collocava l’esperienza dei L.A.P.I.S. un sottoprogetto del Progetto Scuola Handicap , del ex Provveditorato agli Studi e del GLIP di Venezia ora USP.
All’interno del PSH aveva particolare rilevanza ha il settore della formazione e dell’assistenza ai docenti che utilizzano tecnologie informatiche nelle singole realtà scolastiche.

I L.A.P.I.S. Laboratori Assistiti Produzione IperTesti (descrizione di un ‘esperienza).
Lo scopo principale dei Laboratori assistiti era quello di permettere alle scuole la produzione di Unità Didattiche ipermediali partendo dalla formulazione cooperativa di un progetto didattico collegiale finalizzato all’integrazione di soggetti portatori di handicap.
Le competenze didattiche e tecniche richieste ai docenti per realizzare questi lavori hanno evidenziato la necessità di un percorso di formazione articolato su più livelli.
In particolare sono state proposte esperienze che favorissero l’acquisizione di competenze di base nell’uso delle tecnologie informatiche, il trattamento di testi ed immagini, l’utilizzo di Internet come risorsa per l’acquisizione di informazioni e per lo scambio interpersonale e il Web publishing.
Anche i sistemi autore proposti: Neobook, Ulisse-Odisseo, Amico e il linguaggio HTML sono stati oggetto di esperienze tese all’approfondimento e all’esplorazione delle possibilità didattiche offerte da questi ambienti .
Ma il “focus” di tutto il progetto è stato centrato sulla capacità di progettazione e realizzazione di ipertesti in classe attraverso la collaborazione tra docente di sostegno e docenti curricolari per l’integrazione dell’alunno disabile, e sugli aspetti cooperativi e collaborativi all’interno del gruppo.
I Laboratori Assistiti Produzione IperTesti si sono rivelati lo strumento operativo che ha permesso a cinquanta scuole della Provincia di Venezia, di ogni ordine e grado, di attivare sia percorsi di formazione sia la realizzazione di esperienze in itinere con un continuo confronto, realizzando cioè “prodotti” costruiti dalla classe in un contesto di integrazione ma anche di cooperazione.

L’organizzazione dei L.A.P.I.S.
Il progetto si è articolato in fasi successive, una prima fase dedicata all’acquisizione di strumenti concettuali tesi a definire l’approccio metodologico-didattico attraverso una serie di incontri con esperti de
esperti del settore
Una seconda fase costituita da cinque incontri a carattere laboratoriale in cui i gruppi di docenti impegnati nella realizzazione delle Unità Didattiche venivano seguiti da un tutor e da uno psicopedagogista.
I lavori delle scuole che hanno partecipato ai Lapis, corredati da un “diario di bordo” dell’esperienza e da schede didattiche analitiche erano reperibili presso il sito del PSH.

Il Progetto Scuola Handicap è stato eliminato nel 2001.

Risorse
“Insegnare e apprendere in rete “di Guglielmo Trentin ed. Zanichelli Bologna 1998

“Internet per la didattica” di Eleonora Pantò e Corrado Petrucco ed. Apogeo Milano 1998

  1. In realtà l’uso di sistemi autore per realizzare ambienti di lavoro personalizzato sui gusti e sulle preferenze dell’allievo ha molti aspetti positivi, ad esempio il lavorare in un ambiente elettronico caratterizzato da familiarità e che si pone come tratto di continuità tra scuola e famiglia, in cui ci si può giovare della motivazione intrinseca del mezzo elettronico ma anche dei personaggi amati dai bambini.
  2. Le due immagini sono tratte da due ambienti elettronici realizzati per il trattamento didattico di una bambina colpita da ictus cerebrale prenatale ed affetta da afasia ed aprassia, il secondo per il trattamento didattico di un allievo affetto da gravi fobie che ne hanno impedito la regolare frequenza scolastica.
  3. Nella strategia chiamata Reciprocal Teaching a turno ogni componente del gruppo gioca il ruolo dell’insegnante su un segmento del lavoro previsto. Nel far questo è tenuto a riassumere una lettura, moderare una discussione sull’argomento specifico, fornire chiarificazioni sul testo, far previsioni su una possibile prosecuzione della lettura…… da Insegnare e apprendere in rete di Guglielmo Trentin
  4. Il progetto Blu Ice è uno dei numerosi progetti che si possono trovare presso il sito di OnLine Class
  5. Molto interessanti le iniziative di collaborative learning attraverso la telematica dell’Istituto Tecnologie Didattiche di Genova:

prof. Renato Ceccon
E-Mail : renax@tin.it